Adele Martorello, Storie della refezione scolastica in Valle d'Aosta (1936-1945).
Con la legge del 3 Aprile 1926 si istituì l'Opera Nazionale Balilla, ente fascista per l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù. Tra i compiti assistenziali dell'istituzione rientrava a pieno titolo la refezione scolastica. Questo breve articolo fa un'analisi quantitativa del fenomeno negli anni 1936, 1937 e 1944 e ricostruisce piccole storie di direzioni didattiche e piccoli comuni che affontano piccoli o grandi ostacoli per tentare di attivare il servizio.
Marco Cuaz, Alessandro Passerin d'Entrèves e la Valle d'Aosta
Marco Cuaz, Ettore Passerin d'Entréves e la Valle d'Aosta
Adele Martorello, Signora maetra! La scuola
del ventennio nei giornali di classe del comune di
Jovencan
Fino a che punto, nella
quotidianità scolastica, i maestri si adeguarono alla
volontà di Mussolini di formare l’uomo nuovo
fascista ? Da questo interrogativo prende
l’avvio la ricerca di Adele Martorello, nata come di
tesi laurea discussa con il professor Maurizio Piseri.
L’autrice
ha
ricercato i registri compilati quotidianamente, in
particolare la sezione denominata “Cronache di vita
scolastica”, provenienti dal fondo aggregato
dell’archivio del comune di Jovençan (AO). Sono dodici
registri che coprono un arco temporale che va
dall’anno scolastico 1928/1929 al 1938/1939. Si sono
in seguito aggiunti nove registri provenienti sempre
dall'archivio del comune di Jovençan che coprono il
periodo che si estende dal 1943/1944 al 1951/1952 e
che sono stati utili per comprendere come fossero
cambiate la didattica, lo svolgimento della giornata
scolastica e la percezione del regime dopo la guerra.
L’analisi delle cronache ha fotografato la vita
tra le mura dell’aula, ha narrato qual era il ritmo che
scandiva le giornate e ha sfiorato le storie personali
di maestre, allievi e delle loro famiglie, aggiungendo
una pagina alla storia della scuola.
Speciale. La Valle d’Aosta e la Grande Guerra
In occasione del centenario della Grande Guerra un gruppo di studiosi valdostani ha progettato un’ampia ricerca sull’impatto della prima guerra mondiale sulla società valdostana.
Per contribuire a una riflessione collettiva su domande ancora senza risposta (perché può scoppiare una guerra che pochi vogliono e che si poteva facilmente evitare? Perché si è continuato a uccidere e a morire, inutilmente, spesso senza saperne le ragioni? Perché nell’Europa del trionfo della scienza e del progresso hanno vinto le forze della violenza e dell’irrazionalità?); per capire come e quanto la Grande Guerra ha cambiato la Valle d’Aosta. E perché la Grande Guerra, a parte le eroiche vicende del Battaglione Aosta, sia stata così profondamente rimossa dalla storia e dalla memoria valdostana.
Incominciamo a pubblicare alcuni risultati della ricerca aprendo con uno studio originalissimo di un “amico della Valle d’Aosta”, Guido Corrias, cagliaritano di nascita, canavesano di adozione, trasferitosi a Strambino nel 1964, assiduo frequentatore degli archivi comunali, da cui ha ricavato la biografia di Giovanni Maria Pelazza da Carmagnola, compositore di musica sacra ed organista della Parrocchiale di Romano Canavese nella 2º metà dell’Ottocento e l’Albo genealogico delle famiglie Corrias e Delogu da Ghilarza dalla fine del '500 ai giorni nostri.
Da alcuni anni Corrias si dedica a ricerche sui caduti della Grande Guerra, in particolare su quelli di Ghilarza, Strambino, Romano Canavese.
Venuto a conoscenza del nostro progetto, ci ha donato il frutto di una pazientissima ricerca sui soldati valdostani morti in prigionia e sui soldati austroungarici morti in Valle d’Aosta. Siamo felici di aprire con il suo contributo una prima divulgazione dei risultati delle ricerche in corso.
Guido Corrias, Divisa diversa uguale destino. Soldati valdostani morti in prigionia; prigionieri A.U. deceduti in Valle d’Aosta. 1916 – 1919
Dal Tio-Di Tommaso-Vichi, La leggenda di Giovanni Calvino ad Aosta
Raul Dal Tio, Spazi inesplorati della microstoria di Aosta. Raccolta di studi
Abitandovi da sempre, la curiosità mi ha spinto a domandarmi quale suolo calcavo, a voler sapere che strade percorrevo, a domandarmi quali case vedevo. Un variegato insieme di monumenti e resti archeologici di varie epoche hanno da sempre costituito nei miei percorsi quotidiani l’occasione per domandarmi chi e come avesse fatto questa città, se le vie che percorrevo erano le stesse di un tempo, quali mani di artigiani avessero posato pietre, eretto muri, dipinto e scolpito tutto quanto potevo vedere a cielo aperto, così come nelle dimore di nobili e notabili o all’interno di chiese e musei.
Ho scoperto che molti luoghi e oggetti della mia città erano ancora poco esplorati e che i libri e i pochi saggi a disposizione non soddisfacevano pienamente le domande che “strada facendo” mi ponevo. Partendo da un chiostro del tardo medioevo per troppo tempo dimenticato, un monumento affascinante e un luogo straniante, forse proprio a causa della invadente sproporzione tra il ristretto spazio fatto dai pieni e i vuoti d’archi e colonne e l’imponente volume di una cappella neogotica, ho voluto studiare i suoi ambiti inesplorati.
Non avendo fatto della storia la mia professione ho preso in considerazione tutto quanto mi incuriosiva e di cui non trovavo in merito dati esaurienti: l’ambone della cattedrale, il cui inaspettato ritrovamento mi suggeriva un approfondimento sullo spazio rituale e una decrittazione dei simboli della figurazione, il mosaico superiore romanico con la sua geometria battesimale e il bestiario che rimanda ai quattro elementi di Isidoro di Siviglia, il chiostro con la sua quasi millenaria storia oggi rivelata. Poi, la mia attenzione si è posata sulle “imprese” dipinte nei loggiati di Palazzo Roncas, unico esempio di Rinascimento tardo ed infine, incuriosito dal monumento della Croce di Città, ho approfondito le vicende legate al suo costruttore, il canavesano Filippo Gayo e soprattutto gli stretti legami con la leggendaria venuta di Calvino in Valle d’Aosta.
La mia formazione scientifica mi è stata di molto aiuto per procedere con il maggior rigore possibile nelle mie ricerche, così come utilissimi sono stati i suggerimenti e i dati forniti da tanti storici e archeologi locali.
Qui compaiono i miei lavori principali, eccezion fatta per i tre volumi relativi alla storia del chiostro della Cattedrale. Renderli disponibili on-line come ospiti di un sito di Storia della Valle d’Aosta faciliterà chi come me ha spesso usufruito dell’offerta del Web in merito a studi di storia, il cui reperimento sarebbe stato oltremodo lungo e in certi casi impossibile.
Raul Dal Tio è nato ad Aosta il 18 giugno 1954. Laureato in medicina, con la fine degli anni '90 affianca alla professione di dermatologo l'interesse per la storia della Valle d'Aosta. Nel 2006, con la pubblicazione del volume Il chiostro della cattedrale di Aosta. La storia i protagonisti, il significato simbolico, definisce il metodo e l'ambito, anche cronologico, dei suoi interessi. La committenza e la documentazione prodotta dal Capitolo della Cattedrale di Aosta nel periodo tardo medievale sono il nucleo d'origine di successivi studi, alcuni attinenti all'attività capitolare, altri ad essa strettamente correlati: La «pierre des immunités ecclésiastiques » (2007), Il lettorino ambone di Aosta (2007), I “computa” per la costruzione del chiostro della Cattedrale di Aosta: un libro dedicato. (2010), Il trigramma IHS di San Bernardino da Siena negli edifici storici di Aosta tra il XVI e il XVII secolo (2010). La struttura formale dei libri di conti e le interrelazioni tra i principali documenti contabili del Capitolo verranno esposte nel 2011, in occasione del secondo "Forum dei ricercatori di storia valdostana" nella comunicazione dal titolo Dare e avere: la contabilità del Capitolo della Cattedrale. Un primo approccio, anticipazione che si completa con la pubblicazione di Ad opus Claustri Ecclesiae Augustensis. Il libro di conti per la costruzione del chiostro della cattedrale di Aosta (2011), conclusa con il terzo volume Il chiostro della Cattedrale di Aosta, dal XV al XIX secolo.
Nel 2009, la tracciabilità documentaria dei reperti archeologici rinvenuti in Valle d'Aosta tra XVIII e XIX secolo, oggetto di collezionismo da parte degli eruditi dell'Académie Saint-Anselme, trovare una sua sintesi in Reperti archeologici nelle sedute de l’Académie Saint-Anselme. Recentemente si è occupato della storia della costruzione della Croix-de-Ville, delineando le vicende e il profilo del suo ideatore, l'architetto canavesano Filippo Gayo: una ricerca confluita in due studi di prossima pubblicazione: La Croix-de-Ville (1541-1841). Da emblema della controriforma allo stile ecclettico di Filippo Gayo e Filippo Gayo misuratore e architetto. Un panorama della sua opera tra Valle d’Aosta e Canavese. Dallo studio dei segni simbolici della Croix-de-Ville nasce l’interesse per l’uso dei geroglifici nell’emblematica del Rinascimento.
Su questo filone è iniziato lo studio e l’identificazione delle fonti iconografiche delle imprese dipinte nelle volte di Palazzo Roncas (Palais Roncas.Un témoignage érudit de la Renaissance tardive en Vallée d’Aoste, 2e partie, «Le Flambeau», nn. 222, 223, Musumeci, Aoste), studio preliminare per un’ampia panoramica dell’emblematica e dell’impresisitica nel Ducato d’Aosta (Castello Vallaise ad Arnad e nella Villa Casana di Montalto Dora), ricerca pubblicata insieme a Marco Maggi in digitale nel 2016 dal titolo La “letteratura delle immagin”i nel Ducato d’Aosta. Emblemi e imprese nella Valle d’Aosta e nel Canavese.
La figura di Pierre-Léonard Roncas è al momento uno specifico soggetto d’interesse, soprattutto sotto il profilo della cultura artistica e umanistica dell’epoca. La ricostruzione virtuale della sua biblioteca è l’oggetto della presentazione al Forum del 2014.
Elenco delle pubblicazioni
1. R. Dal Tio, Il chiostro della cattedrale di Aosta. La storia i protagonisti, il significato simbolico, collana Documenti, Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, Aosta 2006.
2. D. Vicquéry, R. Dal Tio, S. Pulga, La « pierre des immunités ecclésiastiques ». Redécouverte et récupération d’une pierre-limite, Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta (BSBAC), 4/2007, Aosta 2008, pp. 237-245.
3. R. Dal Tio, M. C. Ronc, Il lettorino ambone di Aosta. Ricostruzione storica dello spazio liturgico, confronti stilistici e ipotesi cronologiche, “BSBAC”,4/2007, Aosta 2008, pp. 180- 202.
4. M. C. Ronc, R. Dal Tio, Reperti archeologici nelle sedute de l’Académie Saint-Anselme: contributi e scoperte della société savante tra collezionismo e erudizione in una riflessione contemporanea sul museo. “BSBAC”,5/2009, Aosta 2010, pp. 167- 181.
5. R. Dal Tio, I “computa” per la costruzione del chiostro della Cattedrale di Aosta: un libro dedicato. Controllo delle spese in un cantiere a committenza ecclesiastica, “Archivum Augustanum”, Aosta 2010, pp. 73-91.
6. R. Dal Tio, Il trigramma IHS di San Bernardino da Siena negli edifici storici di Aosta tra il XVI e il XVII secolo, “Bulletin de l’Académie Saint’Anselme” (2010), N. S., XI, Aosta 2010, pp. 207-246.
7. R. Dal Tio, G. Thumiger, Ad opus Claustri Ecclesiae Augustensis. Il libro di conti per la costruzione del chiostro della cattedrale di Aosta, Le Château, Aosta 2011.
8. R. Dal Tio, La Croix-de-Ville. Da emblema della Controriforma allo stile ecclettico di Filippo Gayo (1541-1841), “Bulletin de l’Académie Saint-Anselme d’Aoste”, N. S. XII, Aosta 2012, pp. 115-151.
9. R. Dal Tio, Palais Roncas.Un témoignage érudit de la Renaissance tardive en Vallée d’Aoste, 1e e 2e partie, «Le Flambeau», n. 222, pp. 28-39, n. 223, pp. 29-42, Aosta 2012.
10. R. Dal Tio, M. C. Ronc, La raccolta epigrafica della casa Cristiani-Gerbore. Un'addenda alla luce di una relazione al Presidente degli Archivi Reali (1831), “BSBAC” 8/2011, Aosta 2012, pp. 109-115.
11. R. Dal Tio, Filippo Gayo misuratore e architetto. Un panorama della sua opera tra Valle d’Aosta e Canavese,“Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, N. S., LXI-LXII, 2010-2011, Torino 2012, pp. 121-144.
12. R. Dal Tio, Forme geometriche e rappresentazioni del Cosmo. Geometria e teofania in un mosaico del XIII° secolo. I mosaici romanici della cattedrale di Aosta, “Bulletin dell’Académie Saint’Anselme”, N. S., XIV, Aoste 2013, pp. 49-65.
13. R. Dal Tio, Derniers vestiges du cloître du couvent de Saint François, «Le Flambeau», n. 226, 2, Aoste 2013, pp. 137- 145.
14. R. Dal Tio, "soli fide deo"L'epitaffio di Claude Guichard al palazzo Roncas e nella casa La Crête-Pallavicini di Aosta, “Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, N. S., LXIII-LXIV, 2012-2013, Torino 2014, pp. 103-122.
15. R. Dal Tio, Les digues: les restes des barrieres de protection contre les crues du Buthier, «Le Flambeau», n. 228, Aoste 2014, pp. 58-66.
16. R. Dal Tio, L. Sandro Di Tommaso, P. Vichi, La leggenda di Giovanni Calvino ad Aosta. Una messa a punto tra nuovi documenti, storiografia e divulgazione, “Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino”, Anno CXII 2014, primo semestre, pp. 5-175.
17. R. Dal Tio, Le recensement des témoignages épigraphiques dans le royaume de Sardaigne de Luigi Nomis di Cossilla. Le memoire du chanoine François-Fréderic Nourissat, «Bulletin dell’Académie Saint’Anselme », N. S., XVI, 2015, pp. 65-88.
18. R. Dal Tio, Un curieux reliquaire dans la chapelle Saint-Grat à Vulmix. Genèse d’une légende et iconographie du saint valdôtain entre dévotion populaire et légitimation religieuse du duché de Savoie, «Le Flambeau», nn° 233-234-235, Aosta 2016.
19. R. Dal Tio, M. Maggi, La letteratura delle immagini nel Ducato d’Aosta. Emblemi e e imprese in Valle d’Aosta e nel Canavese, Le Château Aosta 2016.
20. R. Dal Tio (a cura di), Il chiostro della cattedrale di Aosta. Dal XV al XIX secolo, Documenti della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, ITLA, Aosta 2016.
21. R. Dal Tio, Un Monrepos du XVIIIe siècle à Montfleury. Une hypothèse d’attribution à Claude-Michel Barillier, «Le Flambeau»,in corso di pubblicazione.
1. IL LETTORINO-AMBONE DI AOSTA
2. FORME GEOMETRICHE E RAPPRESENTAZIONI DEL COSMO
3. I COMPUTA PER LA COSTRUZIONE DEL CHIOSTRO DELLA CATTEDRALE
4. IL TRIGRAMMA IHS DI SAN BERNARDINO DA SIENA
5. LA PIERRE DES IMMUNITÉS ECCLÉSIASTIQUES
6. REPERTI ARCHEOLOGICI NELLE SEDUTE DE L'ACADÉM'E SA'NT-ANSELME
7. LA RACCOLTA EPIGRAFICA DELLA CASA CRISTIANI-GERBORE
8. LE MEMOIRE DU CHANOINE FRANCOIS-FREDERIC NOURISSAT
9. L’EPITAFFIO DI CLAUDE GUICHARD AL PALAZZO RONCAS
10. LA CROIX DE VILLE
11. FILIPPO GAYO MISURATORE E ARCHITETTO
12. PALAIS RONCAS
13. UN CURIEUX RELIQUAIRE DANS LA CHAPELLE SAINT-GRAT À VULMIX
14. L’ARCHIVIO E LA PATENTE DI PRIMO SEGRETARIO DI PIERRE-LÉONARD RONCAS
15. BRÈVE HISTOIRE « FAMILIALE » DE L’HISTORIQUE DE JEAN-BAPTISTE DE TILLIER
16. LA STATUA RITROVATA
Patrizio Vichi, Chi ha tradito Emile Chanoux
Patrizio Vichi, Inseguendo altre verità. Emile Chanoux e Giovanni Bassanesi
Marco Cuaz, La Valle d’Aosta e l’Unità d’Italia (1848-1861)
Come vissero i valdostani l’unificazione italiana? Quali ripercussioni ebbero, su di un’estrema periferia alpina, i moti risorgimentali, l’annessione della Savoia alla Francia, la proclamazione dell’Unità d’Italia e poi gli anni difficili del nuovo Regno?
Per tutto il periodo risorgimentale disponiamo quasi esclusivamente di fonti giornalistiche e letterarie, molto loquaci sull’autorappresentazione delle classi dirigenti, ma che ci dicono poco dei sentimenti, delle emozioni, dei comportamenti della grande maggioranza della popolazione. Conosciamo abbastanza bene il pensiero dei notabili e dei preti, della piccola minoranza che aveva diritto di voto, leggeva e scriveva sui giornali, partecipava in qualche modo alla vita pubblica. Qualche decina di avvocati e di notai, tre o quattro medici e farmacisti, alcuni maestri e professori, qualche artigiano e qualche piccolo imprenditore, alcune centinaia di preti, parroci, vicari, abbés, canonici. Alcune centinaia persone, su circa ottantamila abitanti. Non sappiamo niente di cosa pensassero i contadini, i pastori, le donne. Probabilmente, in tempo in cui nelle aule scolastiche non esistevano ancora le carte geografiche e l’unico libro di lettura era il catechismo, quando per andare da Aosta a Torino occorrevano due giorni di viaggio, per la maggior parte dei valdostani la parola Italia non aveva molto significato.
La storia che possiamo raccontare è solo quella delle reazioni di una piccola classe dirigente locale che parlava francese, si era formata in età napoleonica, si era arricchita acquistando i beni nazionali e aveva attraversato l’età della Restaurazione lasciando trasparire qualche segnale di inquietudine, ma rimanendo lontana dalle cospirazioni carbonare e mazziniane. Una classe dirigente profondamente divisa al suo interno fra chi auspicava l’uscita della Valle dal suo secolare isolamento e parlava, privatamente, di nation e di progrès, e chi vedeva invece un’ordinata società cristiana minacciata dalleredoutables nouveautés, fossero alpinisti inglesi o inprenditori italiani, diritti dell’uomo o alberi della libertà. Una storia che parte nel 1848, con le grida di Vive l’Italie e Vive la Constitution, e che, dopo il 1860, di fronte all’annessione della Savoia alla Francia, all’abolizione della Provincia d’Aosta, ai primi attacchi alla lingua francese, finisce con le domande “Qui sommes nous?” e se siamo, forse, la Sibérie de l’Italie.
Leo Sandro Di Tommaso, INTRAMONTANISMO, NEUTRALITÀ E GALLICANESIMO. Una discussione su tre capisaldi del particolarismo valdostano..
Laura Decanale Bertone, Il Piave mormorava … I soldati della Bassa Valle d’Aosta alla Grande Guerra.
Testo di un incontro tenuto a Issogne, il 14 ottobre 2011, Il Piave mormorava è il frutto di molti anni di ricerche e riflessioni sulla Grande Guerra, iniziate nel 1976, quando avevo proposto ai miei allievi di una terza media di raccogliere le testimonianze di chi era partito per il fronte.
Negli anni successivi ho continuato le mie ricerche, raccogliendo materiali in tutta la Bassa Valle, percorrendo le trincee del Carso e i molti sentieri dei Solaroli, in un ambiente tutt’ora sconvolto da quella lontana tragedia.
Propongo qui alcune immagini e alcune testimonianze dell’epoca, al fine di conservare la memoria di un tempo che ha lasciato profonde ferite, non ancora del tutto rimarginate, anche nella società valdostana.
Omar Borettaz, La Maestra e il Sindaco, 1920
Tra i documenti venuti recentemente alla luce nel sottotetto del vecchio Municipio, presso la Biblioteca, è stata segnalata da Sandra Cout la corrispondenza
tra una maestra torinese - alla quale era stata assegnata
dal Provveditore di Torino la scuola di Visey - il segretario
comunale e l’allora sindaco Joseph Delchoz, bisnonno
dell’attuale. Fino ad allora a fornire gli elementi essenziali
di lettura e calcolo ai bambini delle frazioni erano state persone
del luogo dotate di una certa istruzione, ma le nuove
disposizioni ministeriali non consentivano più di fare lezione,
neppure nelle scuole più piccole e sperdute, a chi non
fosse in possesso di un vero e proprio titolo di abilitazione
all’insegnamento. In Valle d’Aosta, l’arrivo di giovani insegnanti
dalla “pianura” creò non pochi problemi a queste ultime,
soprattutto per l’adattamento a situazioni logistiche e
sociali ben diverse da quelle cui erano abituate nelle città:
sistemazioni estremamente precarie, povertà della popolazione,
differenze d’età degli scolari, difficoltà di comunicazione
nella lingua italiana. Nella trascrizione dei testi è stata corretta solo la punteggiatura, per facilitare la lettura,
lasciando inalterati gli errori di ortografia originali.
Come commento finale, si riporta parte di una mail della
prof. Gianna Cuaz Bonis, attenta studiosa della società valdostana
tra ‘800 e ‘900, alla quale sono stati sottoposti i
documenti.
Patrizio Vichi, 1929. Brusson e Challant. I comuni più antifascisti d’Italia.
Un paio di anni fa, mentre cercavo dei dati per un altro video sui giornali locali, mi sono imbattuto sui risultati delle elezioni del 1929, conosciute poi come plebiscito fascista. Quello che mi saltò subito agli occhi fu il grande numero di NO nei comuni di Brusson e di Challant.
Un numero di NO decisamente molto alto rispetto al resto della Valle. Mi chiesi quale fosse il motivo di tale particolare risultato in quei comuni.
Marco Cuaz. Le cacce del re (1850-1913).
Non è facile oggi, nell’era del turismo di massa, del “villaggio globale”, del disincanto e del declino del sacro, capire cosa poteva rappresentare, per un paesino di montagna dell’Ottocento, l’arrivo di un Re. Champorcher, Cogne, Valsavarenche vivevano da millenni nella povertà e nell’isolamento fino a quando la passione di un sovrano per la caccia allo stambecco non mutò i destini di una regione. Questo saggio inedito, scritto alcuni anni fa per un lavoro sui parchi nazionali italiani che poi non vide mai la luce (e questo spiega la traduzione in italiano, impostami dall’editore, di tutte le citazioni originali in francese), prova a raccontare l’impatto delle cacce del re sulla società valdostana dell’Ottocento, evidenziandone gli aspetti economici, ecologici, occupazionali, ma anche l’impatto sull’immaginario collettivo, il legame, materiale e immateriale, che le visite del re costruirono tra la monarchia di Savoia e il popolo valdostano.
Claudio Brédy, L’opera nazionale dopolavoro in Valle d’Aosta,
Estratto della tesi di laurea, discussa con i prof. Emma Mana e Marco Cuaz, presso la Facoltà di Lettere e Filofofia dell’Università di Torino, Corso di Laurea in Società e culture dell’Europa, la ricerca di Claudio Brédy indaga per la prima volta la nascita e lo sviluppo dell’Opera Nazionale Dopolavoro nella Provincia di Aosta. Utilizzando in particolare i documenti conservati presso l’archivio della Prefettura, oltreché i resoconti giornalistici de “La Provincia di Aosta”, l’autore entra nella capillare politica fascista di gestione del tempo libero dei valdostani, analizzandone i molteplici aspetti, sportivi, ricreativi, culturali, essenziali per capire le trasformazione della società e della cultura valdostana nel periodo fra le due guerre.
Wilko Graf von Hardenberg, Tutela della natura e conflitti tra età liberale e secondo dopoguerra. Il caso del Parco Nazionale del Gran Paradiso
Questo saggio nasce all’interno di un progetto di ricerca sull'impatto dei processi di modernizzazione sui modelli di gestione delle risorse naturali in Italia nella prima metà del ventesimo secolo. In particolare, l’autore analizza i processi di modificazione permanente a cui sono stati soggetti i diritti di accesso alle risorse in area alpina, anche di fronte all'istituzione di aree di tutela e conservazione della natura, e dei relativi conflitti tra centro e periferie e tra élite urbane e comunità locali. I parchi creati nelle Alpi italiane sotto al regime fascista però, come la maggior parte dei parchi europei, si trovavano in aree che erano fortemente antropizzate (perlomeno rispetto agli idealizzati esempi americani), dov'era dunque ancora più difficile tracciare confini chiari tra paesaggi naturali ed antropici e creare un parco senza provocare conflitti sociali relativi all'accesso alle risorse naturali.
In Italia, come nei paesi vicini, l'interesse per la tutela della natura e l'istituzione di parchi nazionali, fortemente sostenuto dalle élite scientifiche e turistiche, risale agli inizi del ventesimo secolo. 109Almeno sei luoghi vennero proposti a cavallo della prima guerra mondiale come possibili parchi nella regione alpina e prealpina: l'ex riserva di caccia reale del monte Argentera, la regione attorno a Livigno, in continuità territoriale con il Parco Nazionale Svizzero, l'Adamello-Brenta, patria dell'orso bruno, il Trentino orientale, le Alpi venete e il Carso (e la maggior parte di questi luoghi sono divenuti ad oggi sede almeno di parchi naturali regionali). I primi parchi alpini italiani, il Gran Paradiso e lo Stelvio, ebbero però una storia abbastanza particolare e non erano compresi fra i primi progetti proposti dal movimento conservazionista.
L’autore lavora presso il Rachel Carson Center for Environment and Society – LMU, Monaco di Baviera
Patrizio Vichi, Un voto, 2000 ducatoni e sei pellegrini.
Attraverso alcuni documenti inediti, Patrizio Vichi getta una luce nuova su uno dei piccoli misteri della storia valdostana: il famoso bassorilievo d’argento, raffigurante il Ducato di Aosta, offerto dai valdostani alla Madonna di Loreto all’indomani della peste del 1630.
Mario Alberto Dotta, Le “scuole sussidiate”. Contributo alla storia dell’istruzione elementare in Valle d’Aosta (1921-1943)
Un luogo comune della storia valdostana molto duro a morire, a dispetto dei numerosi studi che si sono accumulati negli ultimi vent’anni, è che il fascismo abbia soppresso le scuole di villaggio. Le cose non andarono affatto così. La soppressione delle petites écoles, conseguenza probabilmente inevitabile dello spopolamento della montagna e delle ristrettezze economiche del primo dopoguerra, fu decretata nel 1921 quando ministro della Pubblica Istruzione era Benedetto Croce e fu gestita da un ispettore scolastico del Partito Popolare, un sacerdote. Fu la riforma Gentile a riaprire uno spiraglio alle piccole scuole di montagna consentendone la riapertura sotto forma di “scuole sussidiate”. Di queste scuole non si era mai occupato nessuno. Il saggio di Mario Alberto Dotta esplora per la prima volta, attraverso i fondi dell’archivio della Prefettura, la vicenda della scuola elementare valdostana durante fascismo rimettendo in discussione molti luoghi comuni.
Maria Cristina Chenal, L’infanzia abbandonata in Valle D'Aosta: 1927-1945
L’infanzia abbandonata costituisce una delle piaghe più terribili e nascoste della società valdostana fino ai primi decenni del XX secolo. Più di 150 bambini all’anno venivano abbandonati presso le poche strutture deputate all’accoglienza degli esposti e diversi di questi morivano nel primo anno di ricovero. Chi li abbandonava e perché? Qual era il destino dei sopravissuti?
Questo lavoro riproduce una parte della tesi di laurea di Maria Cristina Chenal discussa nell’anno accademico 2005-2006 nel corso di Laurea in Pedagogia dell’Infanzia (relatore prof: Marco Cuaz) e più precisamente l’introduzione e i capitoli 3 e 4 riguardanti la situazione dell’infanzia abbandonata in Valle d’Aosta nel primo Novecento e la politica assistenziale fascista a partire dalla nascita dell’ONMI.
La ricerca di Maria Cristina Chenal ricostruisce con passione e rigore scientifico (nei limiti imposti da evidenti motivi di privacy) la storia degli interventi legislativi e delle pratiche sociali per fronteggiare una drammatica emergenza e analizza in modo particolare, per la prima volta, alcuni Fondi conservati all’archivio della Prefettura di Aosta.
Marie Claire Chaberge, Chez Nous. Un manuel pour l’histoire valdôtaine
Du début de XX e siècle jusqu'aux années quatre-vingt, des générations d'écoliers valdôtains ont appris avec les Chez Nous: des manuels de lecture, de morale, de géographie et d'histoire qui sont entrés de plein droit dans l'histoire de l'école valdôtaine. Rédigés par les Soeurs de Saint-Joseph, ces livres ont été le support principal à l'enseignement de la langue française, et cela dans des périodes délicates telles que le début du siècle passé et le lendemain de la Libération. Mais parmi les règles de grammaire et les poésies à apprendre par coeur, on retrouve aussi l'autre mission: forger l'identité valdôtaine et encrer les jeunes esprits à leur terre natale, à travers les récits historiques, les exemples des personnages illustres, les portraits enchanteurs de la nature alpine, la bonté du travail de la terre et de la religion des pères.
Les chapitres ci-joints ont été tirées du mémoire Chez Nous - Un manuel pour l'histoire valdôtaine, réalisé avec le professeur Marco Cuaz, qui en a suivi l'entière rédaction et la présentation à l'examen final. Le travail a été le sujet d'une conférence dans le cadre de la manifestation A Ottobre piovono libri (2008, Bibliothèque régionale d'Aoste) et d'un article publié sur L'école valdôtaine (n°73, avril 2007).
Umberto Janin Rivolin, La fabbrica sulla frontiera (2002)
Questo contributo è stato pubblicato in origine nel volume Esercizi di piano, a cura di Luigi Mazza (Franco Angeli 2002), resoconto dei lavori svolti per la redazione del Piano di riorganizzazione urbanistica e riconversione produttiva dell’area industriale «Cogne», tra il 1995 e il 1996 su mandato del governo regionale. Le intricate vicende dell’acciaieria aostana nel corso del ‘900 sono assunte quale spunto per una riflessione su caratteri, difficoltà e attualità dello sviluppo locale in Valle d’Aosta.
Patrizio Vichi, La strada ritrovata. La via romana della Valle d’Aosta
La strada ritrovata restituisce un’ipotesi sul tragitto e sul posizionamento delle pietre miliari della strada consolare delle Gallie, misurata miglio per miglio, tra Aosta e Carema e tra Aosta e i valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo.
Andrea Desandré, Quando amore non fa rima con onore
Un matrimonio che “non s’ha da fare” nell’Aosta di fine ’700.
Gianna Cuaz Bonis, Attraverso “les rues et les ruelles, les places et les carrefous” della città di Aosta a fine Ottocento.
Sfogliando le pagine della stampa locale e le “déliberations communales”, ho percorso e ripercorso le strade e i vicoli, le piazze e i crocicchi della città di Aosta di fine Ottocento: ho ascoltato voci, suoni e rumori, ho visto colori, volti, scene di vita quotidiana che mi hanno consentito di ricostruire alcuni momenti della piccola storia di una città che, nell’ultimo trentennio del XIX secolo, non superava mediamente i 7.500 abitanti.
Marco Cuaz, Le “maestrine d’en bas”. Maestri elementari e conflitti culturali nella Valle d’Aosta fra Otto e Novecento.
Questo articolo, che narra uno degli aspetti più drammatici del conflitto locale fra e tradizione e modernità, è stato pubblicato in Traditions et modernités, “Histoire des Alpes”, 2007/12, Zurich Verlag 2007, pp. 69-82. A causa del suo non facile reperimento si è pensato di riprodurlo in questa occasione.
|